Stravagante! Costruire sulla sabbia






Vita sostenibile
Oliver Herwig • 23.05.2019

Il materiale più utilizzato nell’industria edile è oggi sul banco degli imputati. Il calcestruzzo consuma un’enorme quantità di risorse. E ora anche la sabbia inizia a scarseggiare. Qual è, dunque, il futuro di questo materiale? Proviamo a capirlo.

Calcestruzzo – ilmateriale per eccellenza nell’edilizia moderna. Senza il calcestruzzo non ci sarebbero né grattacieli né ponti sospesi, né città dormitorio né dighe di sbarramento. È semplicemente ovunque. Ed è qui che nasce il problema. Viene impiegato in quantità tali per cui, nel frattempo, anche le materie prime essenziali hanno iniziato a scarseggiare. La sola Germania, ogni anno, utilizza circa 100 milioni di metri cubi di calcestruzzo, l’equivalente di 38,5 piramidi di Cheope. In Cina e in Medio Oriente il consumo è esponenzialmente superiore. E così, oggi, perfino la sabbia – quella giusta, granulare – è diventata una rarità. Nell’ultimo periodo, addirittura gli Emirati sul Golfo Persico, dove si registra un autentico boom edilizio, si sono dovuti rendere conto: pur essendo circondati da milioni di tonnellate di sabbia desertica, non riescono ad utilizzarla per la costruzione di grattacieli e aeroporti, in quanto si tratta di sabbia a grana corta, non adatta a sostenere la pietra artificiale utilizzata per l’edilizia. Con la conseguenza, che la sabbia idonea per l’edilizia deve arrivare da lontano su migliaia di navi. E se fosse solo questo! Secondo i calcoli del think tank “Chatham House”, il cemento causa circa l’8% delle emissioni di CO2a livello globale. Al tempo stesso, gli esperti consigliano nuovi processi produttivi, come il “Low-carbon Cement and Concrete”. E quindi, il nostro futuro che rotta sta prendendo?

Viene impiegato in quantità tali per cui, nel frattempo, anche le materie prime essenziali hanno iniziato a scarseggiare. La sola Germania, ogni anno, utilizza circa 100 milioni di metri cubi di calcestruzzo, l’equivalente di 38,5 piramidi di Cheope. In Cina e in Medio Oriente il consumo è esponenzialmente superiore.

Figura 1: Schlaich Bergermann Partner Architekten, Schalendach für einen Ausstellungspavillon – BUGA 1977, Copyright; Figura 2: Pier Luigi Nervi und Annibale VitellozziPalazzetto dello Sport (dt. Kleiner Sportpalast), Rom 1957, Copyright; Figura 3: Eero Saarinens TWA-Building, JFK Airport, Copyright; Figura 4:  Bundesarchiv, Bild 183-1982-0628-020 / Senft, Gabriele / CC-BY-SA 3.0, Copyright

Il futuro è più leggero

Il calcestruzzo assicura ai costruttori un piccolo frammento di eternità. Forse è per questo che i romani utilizzavano l’“opus caementicium”, una miscela di calce viva, acqua e sabbia, che i costruttori mischiavano con malta e polvere di mattone. Il calcestruzzo è dapprima un impasto, che racchiude granuli di varie dimensioni e che poi, in poco tempo, si indurisce rilasciando acqua. In gergo tecnico si parla di ritiro. Questo processo può determinare l’insorgere di sottili fessurazioni, che possono essere contrastate con l’azione di fibre inserite tra gli inerti, le quali assorbono le sollecitazioni di trazione, stabilizzano la cosiddetta matrice e riducono la fragilità del calcestruzzo.

Ora si tratta solo di “alleggerire” un po’ il calcestruzzo. In futuro non avremo più bisogno della stessa quantità d’acciaio. Con carbonio e fibre di vetro si possono ottenere campate più ampie – e con meno materiale. Le fibre di vetro, inoltre, non arrugginiscono. Già nel 1977, con il padiglione della Mostra federale di giardinaggio, Jörg Schlaich stabilì un record in termini di calcestruzzo rinforzato con fibre di vetro. Con un diametro di 31 metri, l’ingegnere realizzò la copertura a guscio in calcestruzzo più sottile al mondo, con un solo centimetro di spessore. Anche Pier Luigi Nervi è riuscito a snellire. Grazie al ferrocemento e ad armature a rete ha realizzato strutture portanti molto esili. Con il Palazzetto dello Sport di Roma,realizzato per i giochi olimpici del 1960, Nervi dimostrò che il calcestruzzo può addirittura danzare e oscillare. Fino ad oggi, un simile risultato è stato ottenuto solo con il terminal TWA di Eero Saarinen all’aeroporto JFK della città di New York. I costruttori che lavorano con il calcestruzzo hanno sempre avuto una vena artistica. Quando, nel luglio del 2000, gli escavatori demolirono il ristorante “Ahornblatt” (Foglia d’acero) dell’ingegnere Ulrich Müther, un leggendario esercizio a Berlino Est – nonché un pezzo di storia dell’architettura – andarono perduti per sempre. L’architetto, però, divenne – finalmente – famoso in tutto il mondo. Nel 1973, l’abile e geniale costruttore aveva plasmato il ristorante con le sue cinque coperture sporgenti in calcestruzzo super sottile. La DDR era notoriamente una terra povera, per cui l’idea di gettare del calcestruzzo come una pelle su un sottile reticolo di acciaio per risparmiare sui materiali, venne accolta con favore. Lo speciale metodo costruttivo richiedeva soltanto un minimo di comprensione della fisica – oltre che una buona dose di coraggio. Il soffitto in cemento armato di un guscio Hypar (paraboloide iperbolico) è infatti autoportante. Il segreto va ricercato in gusci dalla curvatura regolare, che scaricano perfettamente le forze e quindi richiedono una massa minima.

Cubo di calcestruzzo da dodici pollici, Coypright

Calcestruzzo leggero (e traslucido) per designer

Anche i designer subiscono il fascino del calcestruzzo. Konstantin Grcic, per esempio. «Ispirato dal padiglione di Nervi, ho progettato un ampio tavolo e lampade con cemento rinforzato con fibre di vetro (Ductal®)», spiega Grcic. Sei piloni sostengono il suo tavolo Magliana, una lastra unica lunga 3,6 metri. Ciascuno di essi termina con «sedute a sbalzo a forma di ali e un collo sottile, che sostiene il piano del tavolo», così Grcic descrive la speciale costruzione. Ma il berlinese non è una mosca bianca. Creatori come Christoph Kirchner di Westhofen o Christian König dimostrano, che il calcestruzzo è approdato anche nel settore dell’arredamento – lo spettro d’impiego spazia da mobili massicci a progetti sperimentali. «Il calcestruzzo è un’eccezionale alternativa ai materiali standard oramai inflazionati di molti pezzi d’arredamento e dona agli ambienti un tocco di unicità», afferma König.

L’arredamento moderno è caratterizzato da forme chiare, anche – e soprattutto – negli interni. Hanno fatto l’inizio i moduli componibili minimalisti per cucine, in perfetta sintonia con i brillanti utensili in acciaio inossidabile e i profili chiari. La loro finitura opaca ben si accompagnava con gli utensili e conferiva alla cucina un carattere di esclusività. Oggi, abbiamo a disposizione anche il calcestruzzo traslucido, una pietra trasparente, che produce infiniti effetti su banconi e rivestimenti per pareti. Tali effetti sono resi possibili da fibre ottiche fotoconduttive. Esse sono incorporate nel calcestruzzo e pongono la pietra artificiale in un surreale equilibrio tra solido e liquido, tra pesantezza e la leggerezza di una piuma.

«È possibile tuttavia ridurre le emissioni: da un lato, si possono utilizzare più combustibili secondari – ossia combustibili derivati dalla lavorazione dei rifiuti. Inoltre, acquisisce particolare importanza la produzione di cementi con un maggior numero di componenti principali – sostituendo il clinker ad esempio.»

Ridurre per migliorare

Più leggero, sottile e a ridotte emissioni di CO2: è questo il futuro del calcestruzzo? A detta degli esperti, sì. Anche qui tuttavia ci sono dei limiti: «È quasi impossibile migliorare la tecnica di produzione di calcestruzzo in Austria.» L’austriaca Betonmarketing pone un interessante quesito con questa affermazione. «È possibile tuttavia ridurre le emissioni: da un lato, si possono utilizzare più combustibili secondari – ossia combustibili derivati dalla lavorazione dei rifiuti. Inoltre, acquisisce particolare importanza la produzione di cementi con un maggior numero di componenti principali – sostituendo il clinker ad esempio.» Senza ulteriori esperimenti sui materiali non possiamo fare progressi. Sia nella produzione di calcestruzzo, sia nella sua lavorazione in loco e per un suo successivo riciclo.

Un minore consumo di materiale promette la stampa 3D, e più esattamente la tecnologia 3DP, che incolla strato su strato una miscela di calcestruzzo. Nascono così strutture straordinarie, i cui elementi seguono in modo preciso le linee di forza e non hanno bisogno di grandi quantità di calcestruzzo. Quello che appare come un osso poroso, aumenta in definitiva la stabilità. Una cosa simile viene garantita anche dal «Gradientenbeton», ovvero dal «materiale da costruzione con vita interna ottimizzata», nel quale l’apporto di diversi materiali leggeri, sfere cave molto sottili o corpi microforati assicurano un peso ridotto e un ottimo isolamento. Innovazioni del genere sono all’ordine del giorno presso l’ILEK – Istituto delle strutture leggere e del Laboratorio di Ingegneria strutturale dell’Università di Stoccarda – da quasi un decennio e mezzo. Il professore Werner Sobek si è occupato intensamente del problema di come realizzare con meno materiale più edifici – e su come “ricondurre questi integralmente nei circuiti tecnici e biologici.” L’edificio di ricerca NEST sul Campus del Laboratorio federale di prova dei materiali e di ricerca (Empa) a Dübendorf, in Svizzera, fornisce un primo assaggio dell’estrema varietà di una simile architettura di riciclaggio. Il calcestruzzo sviluppato da Sobek consente inoltre un risparmio di materiale del 50 percento. Il primo passo è quindi già fatto, ma dovranno seguire molti altri. Perché, anche se l’evoluzione tecnica è molto rapida, il consumo attualmente è ancora più veloce.

Prima immagine: Paul Bence