PROSPETTIVE
Oliver Herwig • 13.11.2018

«Hotelification»
- ovvero come vivere disinvolti

Perché aspiriamo a vivere tutti i giorni come in vacanza? Una riflessione sul desiderio di essenzialità e servizi a tutto tondo, che caratterizza numerose abitazioni.

Non è un caso isolato. Negli ultimi anni si assiste (e si percepisce) una silente «hotelificazione» della nostra vita. Tutto quello che abbiamo apprezzato durante i nostri viaggi a Rio, Roma o Rimini, ce lo stiamo portando, pezzo per pezzo, tra le nostre quattro mura, oggetti, ma soprattutto stati d’animo. E se l’interpretazione di questi «Home Hotel» può essere diversa caso per caso, ci sono comunque tre caratteristiche ricorrenti: la semplicità, una cosiddetta sophisticated simplicity, che spesso si presenta decisamente disinvolta; il meglio del comfort, che a volte si manifesta in tutto la sua completezza solo in un secondo momento (per esempio attraverso il suono Dolby Surround che arriva fino in bagno oppure nel concetto di luci perfetto perfino nel corridoio); nonché un predilezione per le cose belle – altrimenti detto design. Nell’insieme non si tratta solo di uno stile d’arredamento, ma piuttosto di un nuovo stile di vita. 

Siamo mobili, abbiamo buon gusto e le possibilità economiche per concederci quel certo in più. Che sia la «Transformation Economy», descritta da B. Joseph Pine II e James H. Gilmore? Il loro pensiero: visto che tutto il resto ce l’abbiamo già, ci compriamo esperienze di felicità. «When we buy experiences, those purchases make us happier than when we buy things.» 

E queste esperienze, in gran parte, non li troviamo nella nostra quotidianità, ma durante i nostri viaggi. In questo, gli abitanti del Centro Europa, sono esperti. L’Ufficio federale per le statistiche comunica che nel 2016 «ogni persona residente in Svizzera ha fatto in media tre viaggi con pernottamenti e 10,2 escursioni giornaliere». Per la cronaca: due terzi dei viaggiatori si sono recati all’estero.

Momenti di felicità del «vivere leggeri»

Ammetto: i miei più recenti momenti di felicità personali risalgono ad un B&B con vista sulla scogliera di Polignano a Mare. La risacca delle onde, la brezza frizzante, l’aria fresca che invade la stanza dall’alto soffitto e arredata scarnamente con un letto e un armadio ricavato in un angolo, chiuso da una porta di ferro, nel quale avevo sistemato i vestiti. Tutto il resto l’avevo stivato in una specie di contenitore, che in qualche modo si collegava al letto. Non c’era bisogno di altro. Un’essenzialità, che potrebbe caratterizzare anche le nostre case. Il lusso della semplicità, animato dal fascino del mare. Uno studio del Boston Consulting Group del 2014 attesta che di $1.8 trillion (1,8 biliardi di dollari) di uscite, quasi il 55 percento è stato speso per esperienze di lusso («luxury experiences»). Che spesso sono le «immagini a colori» della nostra vita.

Il merito, che mezzo mondo al giorno d’oggi indulge a piante di cacao e madreperla, va in modo particolare ad una rivista: lo stile wallpaper* degli anni Novanta si è diffuso in tutto il mondo ed è entrato, tramite i nostri viaggi, nei nostri salotti. «Non importa che sia marrone, verde, ocra o tinta senape – la combinazione di questi colori con materiali naturali, come lana, velluto o legno non trattato crea un’atmosfera piacevole, che allieta la stagione fredda», spiega Dagmar Haas-Pilwat su RP-Online. Questo suona esattamente come se stessimo parlando di un hotel. Uno a caso? Il Bayerische Hof a Monaco di Baviera. Il giornalista della «Süddeutsche Zeitung» Franz Kotteder descrive così la suite da 15.000 Euro dell’albergo: il designer Alex Vervoordt ha puntato su «colori tenui tra beige e grigio, utilizzando prevalentemente materiali naturali, pietra e legno. Sembra prediligere inoltre mobili in legno, che nel loro aspetto ricordano vagamente i relitti emersi dai galeoni affondati secoli fa negli oceani.» E cita poi il designer per interni Vervoordt di Amsterdam, il cui obiettivo sarebbe quello di «creare la pace. In questa convulsa metropoli, le persone dovrebbero poter ritrovare la tranquillità nel loro albergo.» I materiali che ci regala la natura, si prestano perfettamente allo scopo. Questa combinazione natura-cultura è presente nelle sfaccettature più svariate. E non deve nemmeno essere un resort di lusso: anche camere a buon prezzo come quelle dei MotelOne dimostrano, grazie all’abile combinazione di design e spietata riduzione all’essenziale, che vivere in una stanza di albergo con lounge completa di originali isole per sedersi può essere un’alternativa perfetta. Non per niente il gruppo di sedute Arne Jacobsens Egg Chair è diventato il marchio della catena. Non manca, di solito, un’area di comode poltrone in pelle. Stefan Lenze, amministratore e Head of Development, conferma quest’evoluzione in un’intervista: «Il nostro design diventa sempre più individuale, artistico e lussuoso, e con esso anche quello che classifichiamo come le nostre esperienze positive.»

Immagini per ostentare il nostro status

Tutto chiaro – ma cosa centra tutto questo con il comune concetto di abitare? Bisogna innanzitutto prendere atto: siamo sempre più mobili. A dire il vero, siamo costantemente in giro. Per lavoro, oppure nei weekend sfruttando un volo last minute. Questo stile di vita si riflette anche sulle nostre quattro mura – comprese le immagini, che postiamo dei nostri viaggi oppure che troviamo su Instagram e altre piattaforme. La loro costante presenza influenza il nostro concetto di «bello» e «normale». Un tempo dominava la psicologia del comprare. La vacanza rimaneva immortalata nella vita quotidiana tramite i souvenir. Cose autentiche. Riposta la valigia in cantina, il suo contenuto finiva negli armadi come nuovo capo di abbigliamento, oppure veniva attaccato al frigorifero. Secondo una recente statistica (Statista), queste calamite-ricordo erano tra i souvenir più ambiti delle nostre vacanze, ancora prima dell’artigianato artistico, dei portachiavi e dei vestiti tipici dei paesi visitati. A questi si aggiungevano diversi souvenir «spazzatura», come la torre Eiffel in miniatura, la sfera di vetro con il Cervino o la torre pendente di Pisa, in bella vista sulla mutanda, nonché i prodotti alcolici. Ma cosa rimane, quando l’ultimo goccio di Ramazzotti, Borgognone o Limoncello è versato, quando le calamite sono in bella vista sul nostro frigorifero e i nostri cari rimasti a casa sono stati riempiti di pasta, occhiali da sole e sandali usa e getta? Allora ritorna ben presto e impellente la nostalgia dei bei momenti trascorsi in mare, montagna o collina. Ti ricordi quella volta, la camera sulla scogliera? L’aria frizzante che invadeva la hall dell’albergo? La lobby con vista sulle palme?

Secondo una recente statistica (Statista), queste calamite-ricordo erano tra i souvenir più ambiti delle nostre vacanze, ancora prima dell’artigianato artistico, dei portachiavi e dei vestiti tipici dei paesi visitati. 

Nel 2017 oltre 54 milioni di cittadini tedeschi sono stati in viaggio, spendendo un totale di 73,4 miliardi di Euro, pari a poco più di 1000 Euro per persona e viaggio (Statista). Investiamo in esperienze e immagini anche, perché così ogni nostro viaggio continua nei Social Network. Una foto su Instagram, un Tweet accattivante, e gigabyte di dati sui nostri smartphone e computer. Le foto sono diventate la valuta più spendibile del nostro status. E questo nuovo modo di essere ha cambiato anche il concetto di casa. La leggerezza e spensieratezza del tempo libero conquista la vita di tutti i giorni – con tessuti trasparenti, mobili lineari, colori chiari e accorgimenti tecnici all’avanguardia. È il nostro tentativo di riprodurre «l’atmosfera della vacanza» a casa nostra.

Abitare secondo il principio Plug and Play

Gli hotel diventeranno quindi il nuovo benchmark dell’architettura per interni? Sicuramente – poiché la nostra idea di abitare è destinata a cambiare. Dalla combinazione di interni allestiti con cognizione e comfort ineccepibile, nasce un mercato, nel quale i confini tra stanze standard di alberghi dal concetto tradizionale, Airbnb ultra-individuali e la propria casa si confondono. Il «Serviced Apartment» offre il pernottamento a lungo termine con i vantaggi dell’albergo da una parte (biancheria, pulizia, anonimità) e quelli della propria abitazione dall’altra (individualità, agio, un autentico luogo di ritiro). La quota attualmente detenuta da questa categoria rispetto al mercato alberghiero tedesco è di appena tre percento, fa sapere la rivista «Allgemeine Hotel- und Gastronomiezeitung», ma con un enorme potenziale di crescita per il futuro. Contemporaneamente il futurologo Stephan Jung prevede, che gli appartenenti alla generazione Y, nella loro vita cambieranno lavoro 17 volte e traslocheranno 15 volte. Diventa quindi necessario che «traslocare e abitare secondo il principio Plug-and-play» funzioni. Non solo per i giovani, ma anche per accontentare noi, viaggiatori abituali di un’altra generazione, che comunque interpretano la nostra casa sempre di più in un’altra ottica. Quello che ci immaginiamo, spazia tra disinvoltura ostentata, comfort invisibile e addetti al service, che esaudiscano ogni nostro desiderio sul nascere. Si chiama servizio a tutto tondo, che una volta veniva assicurato dalle nostre mamme – senza dover alzare la mano, e magari con tanto di maggiordomo e autista. Ad Amburgo, il fondatore di Xing, Lars Hinrichs, ha costruito l’«Apartimentum», un modo di abitare lussuoso e perfettamente in rete per gli «espatriati a tempo» del nostro mondo moderno. Hinrichs affitta «metri cubi di qualità della vita». L’albergo personalizzato dimostra quanto flessibile sia diventato il nostro concetto di abitare. Lavoriamo qui e abitiamo là. «Multilocalità» lo chiamano i sociologi, quando sempre più persone hanno diversi domicili allo stesso tempo, e non stiamo parlando solo di ingegneri con un appartamento a Berna che lavorano a Basilea, ma anche di artigiani della Sassonia che prestano servizio all’aeroporto di Berlino. In alcune metropoli, oramai solo il 18 percento delle case è abitato da famiglie nel senso classico. Tutti gli altri rientrano nella categoria di «lavoratori atomizzati della generazione Easyjet». E se nel frattempo possiamo fare a meno delle biblioteche, come anche degli armadi a muro, di certo non riusciamo più a rinunciare a prese elettriche e collegamento Wi-Fi.

In alcune metropoli, oramai solo il 18 percento delle case è abitato da famiglie nel senso classico. Tutti gli altri rientrano nella categoria di «lavoratori atomizzati della generazione Easyjet». E se nel frattempo possiamo fare a meno delle biblioteche, come anche degli armadi a muro, di certo non riusciamo più a rinunciare a prese elettriche e collegamento Wi-Fi.

«Il comunismo è il potere dei soviet che include l’elettrificazione di tutto il Paese», annunciava Lenin nel 1920. Oggi abitare significa banda larga inclusa l’elettrificazione di tutto il mondo. Ed è vero: chi parte, torna indietro con altre idee. E siccome partiamo sempre più spesso per andare sempre più lontano, diventa perfino difficile dire in che punto del nostro cambiamento ci troviamo attualmente. Una cosa, tuttavia, sembra assodata: la mobilità è inarrestabile e ci porterà ad abitare in luoghi diversi per periodi sempre più lunghi. E questi luoghi possono tranquillamente assomigliare ad un «Serviced Appartment». Basta che l’accoglienza sia perfetta.

Illustrazione: Josh Schaub